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1 Il traffico navale si intensifica e si trasforma in questi anni e i numerosi resoconti delle esplorazioni e delle spedizioni alimentano la moda dell’esotismo marittimo

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La moda letteraria del romanzo marinaresco1, trapiantata in Francia da Eugène Sue con il suo Kernok le pirate2, durò per diversi anni e anche Édouard Corbière volle far sentire la propria voce, consapevole di possedere un bagaglio di esperienze e conoscenze infinitamente più dettagliato e specialistico dei suoi colleghi letterati. Grazie al cursus honorem che lo aveva portato a ricoprire tutti i ruoli di servizio su una nave, avendo percorso l’intera scala gerarchica da mozzo a ufficiale, Édouard dispone di un’informazione di prima mano sui tecnicismi del gergo navale, sui termini militari, sull’idioletto dell’equipaggio, e ha l’orecchio esercitato alle forme più icastiche del francese delle colonie. La sua personalità, se ne trova traccia nei testi, influì sulle scelte e sugli umori del figlio3 (mentre la sua vita, al contrario dell’esistenza introversa di Tristan) fu un seguito di viaggi, traversie e incontri consumati in lontani angoli del mondo.

Dai primi pamphlet4 che servono la causa liberale e antiecclesiastica, successivi al licenziamento dalla marina voluto dalla ristabilita monarchia tradizionalista e clericale, alle Poésies brésiliennes (Corbière, 1823), dalle traduzioni di Tibullo5 fino ai romanzi della maturità, Le Négrier6, Les Pilotes de l’Iroise7, ciò che si attesta invariabilmente nei suoi scritti è l’idiosincratica attenzione verso modalità tematiche ed espressive quali l’esotico, l’autobiografia, il pastiche.

1 Il traffico navale si intensifica e si trasforma in questi anni e i numerosi resoconti delle esplorazioni e delle spedizioni alimentano la moda dell’esotismo marittimo. Le più importanti riviste e i periodici più accreditati, Le Navigateur, La France Maritime e La Revue Maritime, non esitano a pubblicare estratti di opere marinaresche; il pubblico appare sempre più interessato e appassionato al mondo e all’universo dei matelots. La critica, cosciente della specificità argomentativa di questi resoconti, le cui azioni si svolgono anche sulla terraferma, si domanda se sia legittima la denominazione di romanzo marinaresco: «Si un roman maritime a besoin de la terre pour exister, comment peut-il être encore un roman maritime?» (Lecomte, 1836: 8). Nascono così definizioni sorprendenti: «littérature navale»,

«littérature speciale pour les scènes de la mer et les aventures de l’Océan», «genre océanique»;

Corbière conserva l’appellativo più comune, utilizzando il sottotitolo «roman maritime» per alcune sue opere.

2 Ricordiamo che alcuni capitoli del romanzo apparvero sulla rivista La Mode nel 1829, per poi essere raccolti in volume l’anno successivo (Sue, 1830).

3 Benché la critica corbieriana abbia accampato tesi opposte fra i sostenitori di un conflitto incomponibile con la figura paterna (si tratta per lo più della critica psicanalitica che ha letto in chiave edipica il rapporto padre/figlio) e chi ha evidenziato la nota dominante della complicità e della ammirazione, i debiti poetici contratti da Tristan sono ampiamente documentati e rintracciabili nel suo corpus poetico. La sezione Gens de mer delle Amours jaunes (1873) sembra ricalcare il romanzo paterno sia nell’atmosfera sia nei nessi linguistico-semantici. Per ulteriori approfondimenti, si rinvia a Martinelli, 2014: 333-339 e ancora a Martinelli, 2017: 42-46.

4 Il pamphlet era all’epoca un genere assai in voga e le aspre e violente critiche contro l’assolutismo monarchico-religioso lanciate da Voltaire e dagli enciclopedisti in favore della libertà di espressione e delle idee liberali infiammarono le penne di molti scrittori fra i quali lo stesso Corbière.

5 Non è possibile leggere i romanzi dello scrittore bretone senza tener conto degli elementi intertestuali su cui egli edifica la sua opera e senza rilevare una serie di innesti culturali che lo avvicinano alla tradizione classica e agli autori che vi si sono ispirati (Cfr. Marmier, 1965: 407-41;

Burch, 1970: 38).

6 La prima edizione del romanzo apparve in due tomi, di cui il primo fu pubblicato nel marzo 1832 presso l’editore Denain di Parigi, mentre il secondo, due mesi dopo, presso l’editore S. Faure a Le Havre. Il romanzo, durante la vita di Corbière, fu rieditato per ben tre volte nel 1834, nel 1844 e nel 1855. Le edizioni del 1834 e del 1844 furono largamente rimaneggiate, la crudezza e l’asperità linguistica furono attenuate e la veemente introduzione espunta. Nell’edizione del 1855 lo scrittore torna sui propri passi, riconosce la cifra stilistica e linguistica della scrittura narrativa impiegata nella prima edizione, corroborando le sue argomentazioni originarie. Tutte le citazioni, salvo diversa indicazione, faranno riferimento all’edizione del 1953, modellata su quella del 1832, di cui saranno indicate solo le pagine.

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Le Négrier, pubblicato in due volumi nel 1832, riscosse un insolito quanto inaspettato successo; il pubblico apprezzò il dinamismo e la vitalità della prosa sfrenata e umoristica8. Al successo non corrispose tuttavia il consenso della critica: i recensori stigmatizzarono Le Négrier come «un volume qui sent le goudron» (Pichot, 1832: 205), ne condannarono la tessitura espressionistica, la lucidissima vena umorale. Ma lo scrittore, nella prefazione alla quarta edizione del romanzo (rivisto e ripubblicato nel 1855), difende le scelte stilistiche originarie, attenuate nelle edizioni del 1834 e del 1844, sostenendo che gli anni trascorsi sulle navi non furono solo un cimento esistenziale ma anche un apprendistato artigianale. Imparando dalla lingua pulsante dei matelots, Corbière avrebbe poi rimeditato la vita di bordo senza filtri, e consegnato al lettore una prosa così polifonica e corale, così incisiva nella sua crudezza descrittiva e nella sua ricchezza idiomatica, che, per quanti sforzi facesse, lo scrittore non avrebbe più ritrovato. Per questo ripropose integralmente nella sua ultima ristampa, la versione originale del 1832, nella quale vedeva ancora il suo «jet nerveux de la diction, avec la vive condensation d’idées, la sauvage fraîcheur de coloris dont, sans trop m’en douter, j’avais imprégné les pages frémissantes de mon abrupt et inculte Négrier» (1953: 7). A più di venti anni di distanza dalla pubblicazione della prima edizione, lo scrittore bretone appariva pienamente soddisfatto di quel popoloso brusio di voci e di suoni che tornavano a galla dalla pagina e dalla memoria: «Je livre à ses nouvelles destinées mon premier ouvrage, vieux de ses vingt ans de durée; mais si je ne me trompe, jeune encore sous sa rude et verte écorce, de sa sève caustique et de sa fibreuse ténacité» (7).

Le Négrier, nella sua veste più immediata e diretta, appare come un grande tableau di mare e nulla vieta che tale venga considerato nella sua fisionomia generale. L’intreccio segue abbastanza fedelmente le linee dei più classici testi marinareschi, restituendo dignità e spessore a quei personaggi la cui rappresentazione è stata immaginata e romanzata, e perciò sospinta ai margini della effettiva realtà storica e sociale: «il s’agit d’une sorte de fantasmagorie nautique dans laquelle les marins avaient dû plus étonnés que satisfaits de figurer avec les passions, les habitudes et la physionomie qu’on leur prêtait» (7). Il teatro dell’effettiva esperienza di Corbière è anche lo spazio dei suoi principali romanzi: rotte geografiche e carte nautiche coincidono con i luoghi della finzione autobiografica. L’eroe protagonistaLéonardnarra le sue picaresche avventure in prima persona: racconta la precoce esperienza iniziata a soli nove anni con il grado di mozzo, i viaggi nelle colonie, la tratta, fino alla morte sopraggiunta intorno al 1820, quando era capitano di una nave negriera.

L’incipit del romanzo appare estremamente significativo, poiché disegna il carattere di Léonard, legato a un destino disordinato, erratico e imprevedibile: «Les circonstances au milieu desquelles je suis né semblèrent tracer ma vocation sur la toile même du hamac qui me servit de berceau; car il faut le dire que j’ai reçu le jour en plein mer [...]. Un frère surgit au monde en même temps que moi et du même coup de roulis» (3). La nascita nell’elemento equoreo [l’amaca serve da culla] delinea una cornice mitologica che segna il destino speculare di Léonard

7 Il romanzo, pubblicato qualche mese dopo Le Négrier, presenta un argomento singolare e audace per l’epoca quale l’amore incestuoso la cui violenza tematica spaventò la stampa parigina che non recensì il volume (Corbière, 1832).

8 La pubblicazione del romanzo rappresentò un vero e proprio evento letterario tanto che, nella prefazione al suo romanzo, L’Abordage, Jules Lecomte scrisse: «Après l’apparition du Négrier il n’est pas aujourd’hui un usage traditionnel, une aventure dramatique de l’aventureuse existence de ces lazzaronis marins, qui n’ait été avidement écoutée du public, grandement familiarisé aujourd’hui avec toutes ces figures typiques» (Lecomte, 1836: 6).

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e Auguste. Pur essendo gemelli, i due sono connotati da caratteristiche fisiche e morali diverse e perfino opposte che si accentueranno con il passare degli anni. Léonard è un personaggio picaresco di cui Corbière enfatizza l’assoluta mancanza di regolarità negli studi che lo porterà ad imbarcarsi come mozzo sul brigantino Sans Façon; Auguste, al contrario, si distingue per le doti intellettuali che ne faranno un eccellente ufficiale: «Mon frère emportait tous les prix de la pension où mes parents m’avaient placé avec lui pour se débarrasser de moi pendant quelques heures de la journée. Quand on attaquait mon frère, je me battais pour lui, plus qu’il n’aurait voulu lui-même. Lorsque j’étais puni, il se chargeait des pensums que j’aurais été dans l’impossibilité absolue de faire. Je l’aimais à ma manière avec fougue, inégalité et autant que je pouvais aimer» (4).

Se Léonard è dalla parte del processo primario, Auguste rappresenta la Legge del Padre.

Entrambi hanno scelto la vita di mare, ma mentre il primo ha seguito le proprie inclinazioni, Auguste ha deciso il proprio futuro sulla base dei desideri paterni: «J’étais avec tous mes défauts et peut-être même à cause de mes défauts, l’idole de mon père qui retrouvait en moi avec un plaisir secret, l’impétuosité quelque peu déréglé de sa jeunesse. Toute la tendre sollicitude de ma mère se concentrait sur son fils Auguste» (4).

Se Léonard è simbolo di libertà di parola, di azione e di pensiero, Auguste è erede di una tradizione familiare di cui conserva il senso e l’intensità. Il sentimento di ammirazione che Léonard nutre nei confronti del fratello si accentua con il passare degli anni: «Auguste était devenu un modèle à proposer aux jeunes officiers de la marine militaire» (268). Ma questa intensità non occulta le ambivalenze fondamentali che lo percorrono: «Mon frère se présenta, et fut admis par acclamation. Je me présentai aussi après lui, et je fus refusé d’emblée et à l’unanimité des voix de mes examinateurs. Mon caractère irritable éclata à cette première contrariété, comme au choc d’une injustice. Je sentis une honte secrète attachée à cet insuccès qui venait de constater si publiquement mon infériorité» (10-11).

Il fratricidio, consumato inconsapevolmente da Léonard, assumerà una doppia valenza: da un lato, è vissuto dal protagonista come un gesto liberatorio, dall’altro, si rivelerà una maledizione, una agnizione destinale e tragica che gli divorerà l’anima. Con l’uccisione accidentale di Auguste, Léonard si rivela controfigura di Edipo.

Tra le numerose figure duplicate del romanzo, la cui ricorrenza disegna un esatto sistema di geometrie e simmetrie, la coppia femminile Rosalie-Fraida sembra incarnare la contrapposizione tra il mondo marino e il mondo terrestre e se la prima simboleggia purezza, bontà d’animo, riconoscenza, ed è prototipo di una femminilità rassicurante nella quale si fondono bellezza e ascesi spirituale, la seconda rappresenta la più viva passionalità, la seduzione, il desiderio sessuale che la porterà, secondo i canoni del più consumato esotismo, ad abbandonarsi al piacere dei sensi.

Tutta la prima parte del romanzo (capp. 1-4) narra la maturazione fisica e psicologica di Léonard, adolescente efebico in un contesto di forte connotazione mascolina. Léonard si ambienta nel mondo dei matelots grazie alla protezione del capitano Arnaudault e del primo ufficiale Ivon, con il quale il protagonista stabilisce un forte legame di solidarietà e amicizia.

L’itinerario percorso è disegnato in modo minuzioso e realistico; nella prima parte del romanzo lo spazio fisico entro il quale si svolgono le azioni è ridotto all’Europa e ha come episodio saliente l’incontro con Rosalie, travestita da marinaio a bordo del Sans Façon. Dal punto di vista letterario la parte più impegnativa riguarda la descrizione di M.lle Prison, dove Léonard e Ivon

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vengono incarcerati. Il fondo delle prigioni9 è un luogo di sofferenze infernali, un girone di dannazione: «L’aspect de ces vastes et terribles cachots ne révélait que trop les souffrances qu’ils renfermaient et l’affreuse captivité dont ils étaient le gouffre» (142). I prigionieri sono ammucchiati, i visi lividi, i cibi avvelenati, l’aria putrida, le norme di convivenza rovesciate, omosessualità e prostituzione costituiscono il vincolo generale che regola la società dei dannati, un vincolo più abominevole dell’incesto: «J’ai vu des actes de mariage, gravement signés par les fiancés, des noces sérieusement célébrées entre des amis qui semblaient tout fiers de servir de témoins à quelque chose de cent fois plus abominable que l’aurait été un inceste […] et cependant comme je l’ai déjà fait remarquer, il n’y avait là qu’un sexe [...]» (142). Su questo sfondo l’androgino Léonard trova la protezione di Ivon dotato di una personalità virile e rude.

Lo stesso Ivon riesce a far evadere Léonard travestito da donna, dettaglio non trascurabile. La capacità ideologico-linguistica di Ivon che, in termini bachtiniani potremmo definire carnevalesca, gli permette di sovvertire le gerarchie discorsive mediante il sarcasmo verbale (unito ai travestimenti e ai gesti provocatoriamente esibiti) contro la natura tanto monotona quanto ordinaria della vita di mare. Ed è ancora in relazione a Ivon che la natura polifonica del discorso corbieriano emerge in tutta la sua evidenza. Egli infatti insegna a Léonard il linguaggio colloquiale e istintivo della gente di mare: «Voyons, une supposition que je t’embête, que me répondrais-tu? — Eh bien! Puisque tu le veux, je te répondrai: Va te faire lanlerre! — Lanlerre!

Ce n’est pas encore ça. Ce n’est pas assez matelot, cette parole là. Et pour ne te rien cacher, il faut que tu saches que tu commences toi-même à m’embêter joliment!» (73).

La parola-azione che contrassegna la vita dei matelots diviene ideologema, segno linguistico in cui si addensano esperienza individuale e mondo interiore dei personaggi. Il mare è il luogo testuale e “fisico” di incontro e spesso collisione di innumerevoli ideologemi, di cui ciascun personaggio si fa portavoce.

L’ironia comica, il mascheramento, il gioco della falsa identità, lo scambio carnevalesco dei ruoli, siano essi relativi alla gerarchia o al genre, sono meccanismi narrativi costanti. A volte è la protagonista femminile Rosalie a travestirsi da marinaio, mentre in altri episodi, sono Léonard e i marinai a indossare abiti e ad assumere atteggiamenti femminili10. Il rovesciamento bachtiniano, rabelaisiano, carnevalesco, opera come un potente stratagemma discorsivo:

favorisce gli incontri amorosi, dissimula le insidie, tesse le tresche, facilita l'agguato e la cattura delle navi.

Dopo la fuga da M.lle Prison Léonard e Ivon proseguono il loro viaggio sulla Gazelle diretta alla volta della Martinica. Se M.lle Prison rappresenta la città di Sodoma, un sottosuolo di dannazione e sofferenza retto da rituali perversi, l’ingresso nelle colonie è scandito da un rituale di diverso segno. Si tratta di una iniziazione carnevalesca che funziona come soglia di ingresso in un mondo radicalmente “altro”11.

9 La prigione, simbolicamente, può essere considerata un vero e proprio inferno umano, un luogo di depravazione e di lontananza da Dio. Vi si può forse cogliere una traccia scritturale; si veda S. Paolo, Lettera ai Romani (1: 24-27).

10 Cfr. Il I capitolo della prima parte del romanzo quando, sotto le sembianze di Petit-Jacques, si cela Rosalie travestita da uomo e il IV capitolo quando Corbière descrive la fuga di Léonard dalla prigione travestito da donna (Cfr. Roudaut, 1966: 10-11).

Il travestimento, che genera confusione di generi e ruoli, e che rimescola confusamente le identità, è motivo costante dell’opera corbieriana anche oltre Le Négrier.

11 L’avvenimento è vissuto con atmosfera festosa e gioiosa dall’equipaggio che si prepara a ricevere il battesimo e ad essere iniziato ai bizzarri riti equatoriali e tropicali: «L’équipage et ses passagers

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L’aspetto selvaggio e desolante della Martinica, immaginata da Chateaubriand come terra sublime e mitica, disattende le aspettative dell’equipaggio ma soprattutto quelle di Léonard, sorpreso di sentire nell’aria rovente un odore scialbo e sgradevole. Ivon ne imputa l’origine agli abitanti dell’isola: «Eh bien! C’est la négraille qui a cette senteur-là, mon ami. Quoi! C’est là l’odeur du nègre? » (228).

Gli schiavi sono merce preziosa e Léonard entra così nell’ottica del negriero e delle vantaggiose possibilità di guadagno12 che la tratta può offrire: «Je ne vis plus, dès lors, un beau nègre sans chercher à évaluer son prix et à l’estimer, non pour les services qu’il pouvait rendre, mais pour le prix qu’on aurait pu en tirer en le vendant à l’encan» (228).

Da questo momento la vita di Léonard percorre le rotte del commercio omicida, come veniva definito dagli abolizionisti, tra la Martinica e il Gabon: «La traite est proscrite, me dis-je moi; tant mieux, c’est le moment de la tenter, et au plaisir de l’entreprendre un commerce périlleux, je joindrai le bonheur d’enfreindre la loi proclamée si solennellement par toutes les Puissances» (228). Ed è soprattutto il movimento dei paesaggi oceanici, la straordinaria varietà e vivezza delle impressioni d’Africa, dove sono praticati i sacrifici umani che evocano sentimenti contrastanti e tormentati. Valga per tutte la sequenza narrativa degli schiavi che, diventati ciechi e quindi non più idonei al commercio, devono essere gettati in mare per evitare un inutile dispendio di viveri. Alla pressante richiesta di compiere l’atroce esecuzione, Léonard risponde con tono disperato: «Puisque je ne veux pas!… Que veulent-ils de moi, que veux-tu donc toi- même, misérable?» (312).

Nel Gabon il negriero acquista partite di schiavi che vende vantaggiosamente nelle colonie, ma nel corso delle due spedizioni africane la sua vita si consuma in modo tragico. Il racconto registra la morte in successione della donna amata Rosalie, avvelenata da Fraida, che era stata portata in Martinica come moglie e schiava; l’amico e protettore Ivon logorato dalla dissenteria13, infine il fratello Auguste viene ucciso accidentalmente in combattimento dallo stesso Léonard.

Pendant que nos matelots parcoururent le navire le sabre à la main, pour faire mettre bas les armes à ceux qui restent de l’équipage vaincu, moi j’approche de l’officier mourant. Mes chiens m’avaient devancé près de lui, et je le retrouve léchant les plaies de l’infortuné, sur la figure duquel je porte la lueur du fanal que j’avais trouvé au pied du dôme: ses yeux expirants s’entrouvrent alors et brillent encore à la clarté détestable qui lui laisse apercevoir mes traits:

un cris horrible s’échappe de sa poitrine gonflée de sang, et ce cri, que je reconnais avec horreur, vient déchirer mes entrailles comme un coup de poignard qui assassine… Il n’avait donc que trop bien deviné mon sort, et le crime dont je devais souiller mes mains, mon malheureux frère, lorsqu’en quittant à la Martinique, il m’avait dit avec l’accent et le pressentiment d’une profonde et prophétique douleur: Nous nous reverrons, Léonard!. Je

revêtirent leurs habits du dimanche, et ces derniers se disposèrent, avec ceux qui n’avaient pas encore vu le Bonhomme-Tropique, à recevoir le copieux baptême qui devait les initier à ces burlesques mystères des pontifes équatoriaux et tropicaux» (198).

12 Lo stesso Corbière fornisce testimonianza circa i prezzi e i guadagni della tratta: «Tout compte fait, chaque esclave nous était revendu à quatre cents francs, et avait produit quinze cents francs; c’était un bénéfice énorme. Je reçus cinq cents onces d’or pour ma part» (305).

13 La morte di Yvon provocherà sgomento e Léonard proverà per la prima volta «ce que c’est qu’une douleur de l’âme et un déchirement de cœur. Quoique si jeune encore, et malgré cette force qui me donnait tant de confiance dans mes propres ressources, je sentais que je venais de perdre une partie de moi-même, un ami que je ne remplacerais jamais. Je fus désespéré» (265).

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l’avais revu aussi, mais pour être son meurtrier; pour le voir expirer de mes coups, en m’accusant de lui avoir arraché une vie pour laquelle j’aurais donné mille fois mon exécrable sang… (349)

Tutta la seconda parte del romanzo insiste, con tono provocatorio, sul tema della tratta14. La scelta di un protagonista che esercita il commercio degli schiavi15 costituisce una vera e propria sfida da vincere contro chi ha «signé les ruines fumantes de la France impériale»

(Corbière, 1816: 207) e contro il nemico inglese che, dietro la cattura delle navi negriere, nasconde il suo filantropismo e il suo interesse schiavistico: «Les Anglais toujours philantropique aux dépens des autres, font bien la guerre aux négriers; mais ils s’emparent de leurs noirs, et loin de le rendre au sol natal, ils les portent dans leurs Indes pour les livrer de nouveau à la servitude» (Hoffmann, 1974: 252).

Tuttavia lo scrittore bretone aveva espresso convinzioni precise su una materia che non cessava di mobilitare le coscienze16 e interessare l’opinione pubblica francese. Nella postfazione alle Poésies Brésiliennes del 1823 Corbière osserva: «La Traite des noirs est à-la-fois la plus affreuse violation du droit des gens, et le trafic le plus humiliant pour l’espèce humaine, puisqu’elle prouve l’excès de tyrannie auquel parvient l’homme policé, et le degré d’abaissement où l’on peut réduire l’homme sauvage» (45). Nonostante simili dichiarazioni, la narrativa corbieriana è intessuta di folgorazioni contrastanti e ambivalenti, che testimoniano una conoscenza approfondita del commercio degli schiavi e delle sue modalità operative. Nel praticare le diverse tratte, Léonard applica quella che Isabelle e Jean-Louis Vissière hanno definito come tratta organizzata, ovvero «un marché fixé par contrat. À son arrivée, le capitaine s’assure le concours d’un interprète. Il rend visite au souverain, lui offre des cadeaux, discute des tarifs et paie des “costumes”. La vente est enfin déclarée ouverte» (Vissière, 1982: 16).

14 Con la legalizzazione della tratta nel Settecento, le potenze coloniali si affidano a veri e propri sistemi organizzati e il commercio schiavistico si compie secondo uno schema triangolare i cui vertici sono rappresentati dall’Europa, l’Africa e le Antille. Il problema è assai dibattuto nel periodo illuminista, e molti scrittori come Voltaire nel Candide e Montesquieu nell’Esprit des lois, con amara ironia, condannano il crimine della tratta e i soprusi della schiavitù, sensibilizzando il pubblico al problema dell’asservimento e sfruttamento di quei popoli. È dunque inevitabile che nell’Ottocento la denuncia della tratta diventi un argomento obbligato. Con il Congresso di Vienna gli stati europei si impegnano ad abolire lo schiavismo, emulando l’esempio dell’Inghilterra, che abolisce il trasporto degli schiavi già dal 1807, anche la Francia, il Portogallo, la Spagna, L’Olanda, la Svizzera, il Brasile e gli Stati Uniti firmano una convenzione che prevede il controllo reciproco su navi sospette.

15 Prima di essere uno scrittore Corbière è un marinaio, vive il problema della tratta prestando servizio nella marina militare, in difesa della patria. Con la caduta di Napoleone e il Congresso di Vienna che decreta la pace e riorganizza l’Europa, gli ufficiali di marina dell’Ancien Régime sono reintegrati, soppiantando dai loro incarichi i marinai che fino ad allora avevano combattuto per la nazione. Il contraccolpo psicologico e lo stato d’animo di questi uomini, e dunque dello stesso Corbière, è sintetizzato dallo scrittore con estrema amarezza: «Avec la guerre et l’éclat que le feu du canon jetait sur votre destin, vous étiez le soldat altier de l’Océan: avec la paix, vous n’êtes plus que le laboureur des mers… Aussi, voyez quelle est l’attitude leste et fière du marin en temps de guerre, et l’allure pesante et humiliée du marin abâtardi par la paix» (Corbière, 1816: 207). L’unico modo per evitare la déchéance è quello di consacrarsi alla tratta, attività che permette ai corsari di continuare a esercitare ruoli di commando sulle navi, capitalizzando l’esperienza acquisita in un diverso genere di Guerra, quella corsara, ormai al di fuori di ogni contest morale e civile.

16 Sebbene in questi anni il commercio degli schiavi si perfezioni, il dibattito si intensifica e proliferano numerosi scritti contro la tratta. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alla seguente bibliografia critica: Bégouen, 1828; Cugoano, 1788; Clarkson, 1822.

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Questi elementi, insieme alla biografia dell’autore che nel 1820 si imbarca su una nave che fa rotta tra l’Africa e il Brasile, tragitto tipico per le navi negriere, lasciano supporre che Corbière abbia partecipato a questo tipo di attività, benché il suo animo fosse combattuto tra l’interesse per un commercio così inumano e la compassione per le torture e le ingiustizie subite dagli schiavi. Il disorientamento di Léonard, i sentimenti confliggenti che lo animano sia nei confronti del fratello Auguste, sia di fronte alle atrocità, trapelano dall’utilizzo di termini come

«infernal projet», «carnage atroce» (318-319) che esprimono una chiara consapevolezza etica degli effetti della tratta17. Se Eugène Sue aveva partecipato alla lotta abolizionista esprimendo il suo disgusto per il commercio omicida, riportando una serie di dati e di cifre: «à la faveur de cette peinture trop exacte de la traite des noirs, de leur esclavage et de ses résultats, j’ai voulu, non élever une polémique bâtarde et usée sur des droits que plusieurs contestent, mais bien poser des faits, des chiffres, au moyen desquels chaque partie adverse pourra établir ses comptes» (Sue, 1943: XII), Corbière, al contrario, esercita uno sguardo privo di filtri, senza lasciarsi andare a espressioni di compatimento, non addomesticando la dura e atroce realtà della tratta. La sua apparente indifferenza alla campagna antischiavista è un’indifferenza ammaestrante che, attraverso la descrizione di scene realistiche (non ricavate da un mero elenco di cifre e dati) mostra da vicino al lettore la condizione degli schiavi, il sentimento di umiliazione e di vergogna che li accompagnava per tutta la vita. Ponendosi dalla parte del male, dal punto di vista del negriero, Corbière attiva «[…] des possibilités d’identification à un lectorat qui cherche à se distraire» (Riesz, 2007: 237), conferendo nuovo vigore alla rappresentazione di un fenomeno estremamente complesso.

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Paris: Payot.

17 Sulla posizione dello scrittore bretone, si vedano le dense pagine di Steinmetz che osserva:

«Participant à un commerce dont il n’ignore rien, ni le caractère illicite, ni la cruauté manifeste, il adopte – semble-t-il – presque contre le gré de sa conscience profonde une position critiquable entre toutes. Car sans écarter tout remords, il convient, en fait et par ses actes, du bien-fondé économique d’un tel négoce. S’il reconnaît aux Noirs, aux nègres, une part d’humanité, il ne leur concède, en revanche, qu’une âme inférieure enfermée dans un corps de brute» (2011: 32-35. La citazione è a p.

34).

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